Nelle attività di marketing e di comunicazione alcuni problemi sono piccoli e possono essere risolti rapidamente.
Altri problemi invece necessitano di un metodo, il metodo problem solving, per ridurre i tempi di soluzione e le risorse necessarie per arrivare alla soluzione ideale
Poi, i problemi più grandi possono essere affrontati trasformandoli in progetti perché…
...qualsiasi progetto è la pianificazione e la programmazione delle azioni che portano alla soluzione di un problema.
Joseph M. Juran
Definiamo il problema
Il più importante dei passaggi per la soluzione dei problemi è definire correttamente il problema. In comunicazione, ad esempio, il problema è riuscire a condividere concetti ed emozioni così come vorremmo che i destinatari li comprendano e li vivano e siano motivati ad agire a favore del cliente.
E’ il modo in cui definisce il problema di marketing e di comunicazione che determinerà il modo in cui si riuscirà a risolverlo.
Il processo Problem Solving è descritto nella figura seguente:
Sempre nel mondo della comunicazione, se si definisce il problema come scarse prestazioni da parte di un singolo media, si svilupperanno soluzioni diverse rispetto a quando si definisce invece il problema come impostazione del media mix complessivo.
Determiniamo ed interveniamo sulle cause
Il diagramma di Ishikawa Una volta definito il problema, siamo pronti per scavare il più a fondo possibile e iniziare a determinare le cause che generano il problema di comunicazione o di marketing.
Utilizziamo il diagramma a lisca di pesce per consentire l’ esecuzione di un’analisi precisa di causa ed effetto.
Infatti, se si considera il problema come una distanza tra il punto in cui ci si trova ora e la meta, il dove si desidera arrivare, in termini di brand awareness o di profitti delle vendite, le cause del problema sono rappresentate dagli ostacoli che impediscono di arrivare a ciò che si desidera.
Questo livello di analisi è importante per garantire che le soluzioni risolvano le cause effettive del problema anziché i sintomi del problema. Se la soluzione risolve solo uno o più sintomi, anziché una o più cause reali, è probabile che il problema si ripresenti in quanto esso non è stato ancora risolto.
Generiamo le idee
Una volta completato il duro lavoro di definizione del problema e determinarne le cause, è il momento di diventare creativi e sviluppare possibili soluzioni al problema.
Due ottimi metodi per la risoluzione dei problemi che utilizziamo per creare soluzioni sono il brainstorming e la mind mapping all’interno di un focus group generativo.
Selezionamo la soluzione ideale
Dopo aver trovato diverse idee in grado di risolvere il problema, una tecnica di risoluzione dei problemi che puoi utilizzare per decidere qual è la migliore soluzione al tuo problema è una semplice analisi di negoziazione generativa che rappresenta la fase finale del focus group che permette di eseguire l’analisi del trade-off, delle idee peggiori a fovore di una idea “ideale” che definire i criteri critici per la soluzione del problema e che sia possibile utilizzare.
Per valutare il modo in cui ciascuna soluzione si confronta l’una con l’altra, la valutazione può essere eseguita utilizzando una semplice matrice. La soluzione che otterrà la valutazione migliore sarà la soluzione ideale per il problema affrontato.
Agiamo e risolviamo!
Una volta determinata la soluzione da implementare, è il momento di agire. Se la soluzione implica diverse azioni o richiede l’intervento di altre risorse, creiamo un piano d’azione e lo trattiamo come un progetto.
E’ l’utilizzo di questo semplice approccio, nel marketing e nella comunicazione in particolar modo, che può aumentare l’efficacia e l’efficienza nel raggiungimento degli obiettivi .
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Il grafico illustra la curva gaussiana di Roger applicata al ciclo di adozione e di esposizione ai veicoli ed ai media da parte dei diversi target di riferimento:
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Passare da un advertising analogico a uno digitale. Non si spende meno ma si controlla meglio
Sarà la rivoluzione che vivremo nei prossimi trent’anni.
Non lo dico io, anche se la rivoluzione la sto già vivendo in prima persona, passando dalla comunicazione classica – tv, radio, quotidiani – alla comunicazione digitale: l’ho appena letto in un articolo apparso su Prima Comunicazione, in una intervista a chi, questa rivoluzione, l’ha già vissuta e ha già affrontato l’innovazione che nasconde la rivoluzione delle regole dell’advertising. Jack Ma, Presidente del network digitale Alibaba che distribuisce in quasi tutto il mondo prodotti di manifattura cinese e non solo (se cercate un’extension per capelli o un cerchio in lega per la vostra auto, accomodatevi, tanto molti buyer della GDO acquistano da questo portale).
Dal palco dell’International Big Data Expo 2017, appena conclusosi a Guiyang, provincia sud occidentale di Guizhou, Jack Ma ha tracciato la sua visione: “I big data saranno la “fonte principale di energia in futuro” e, nell’arco dei prossimi 30 anni, provocheranno cambiamenti più profondi di quelli generati da Internet. Se metti da parte l’analisi dei dati, l’innovazione di ogni organizzazione è sostanzialmente una conchiglia vuota. L’esame dei big data permette di anticipare e pianificare e ha reso possibile ridefinire un’era di cambiamenti, sempre nel prossimo trentennio. Vendite al dettaglio ed e-commerce, istruzione, scienza, tecnologia e altre industrie saranno di fatto ridefinite: con l’intelligenza artificiale e i big data combinati, l’uomo non deve avere paura. In futuro, lavoreremo al massimo 4 ore al giorno, per non più di 3/4 giorni alla settimana”.
Torniamo qui, in Italia, nella nostra evoluzione quotidiana da agenzia di comunicazione.
Per gli account, in agenzia, si è sempre fatto così. Si continua a fare così ma non è più così.
L’account, che sarebbe il responsabile clienti, in agenzia ha un ruolo vitale perché è la persona di relazione. Vende il risultato del processo di creazione del valore della comunicazione interno all’agenzia e i risultati del processo di awareness e di sviluppo del brand derivato dai piani media.
Utilizzando i media tradizionali, la “regola” è: massima copertura, massima frequenza di ripetizione del messaggio, massima pressione pubblicitaria al minor costo possibile. Le fonti dati disponibili sono solo su base statistica Auditel, Radiomonitor, Audipress e, più i target sono piccoli, maggiore è l’errore statistico.
Con la comunicazione digitale cambia tutto
Siamo nell’epicentro della rivoluzione: storytelling, piani editoriali, calendari editoriali, scrittura SEO per generare SERP, l’agenzia diventa editrice per i clienti, non servono più le concessionarie, da un’unica piattaforma si possono pubblicare campagne che con i loro banner inseguono i potenziali clienti che hanno lasciato tracce dell’interesse per il beneficio che si sta proponendo loro e tutto ciò viene fatto attraverso le loro personali navigazioni su social e web. Il target di comunicazione non è più profilato secondo criteri demografici bensì secondo attitudini ed interessi
La regola è cambiata: al cliente va venduto il valore dell’ engagement, del costo per clic, il valore delle conversioni, il valore del cliente fidelizzato. Sono parametri completamente diversi e rappresentano la punta dell’iceberg di un lavoro completamente nuovo, in molti casi più stimolante, perché misurabile nei risultati che produce perché scalabile negli investimenti.
Cambiano la regole. Anche dentro la testa di un AD?
Avete mai provato a sponsorizzare una pagina di Facebook? Molti clienti, molti giovani marketer e molti account lo fanno, e cosa scoprono? Solleciti push della piattaforma di questo tenore: “Ottieni più clic con € 3. Promuovi il tuo pulsante. Prenota subito per più persone.” Oppure, “Metti in evidenza il post per € 20. Il tuo post sta ottenendo risultati migliori rispetto al 80% dei post su quella pagina. Mettilo in evidenza con € 28 per raggiungere altre 59.000 persone”.
A questo punto vi chiedo di fare uno sforzo di immaginazione. Mettetevi nei panni di un marketer, di un product manager, di un Amministratore delegato, che è abituato a prezzi del tipo: 10.000 euro una pagina su un quotidiano nazionale, 25.000 euro per 30 secondi di spot durante “Striscia la notizia”, pianificazioni da 100.000 euro in su se no non si supera la soglia di visibilità. Che idea vi fate della prezzo della comunicazione social?
Non so voi che idea ve ne siete fatti, ma nel mondo dell’advertising è passata l’idea che fare comunicazione sul web costi poco. Siamo di fronte ad un salto paradigmatico enorme che avrà le stesse dimensioni della rivoluzione copernicana.
Durante il suo speech, al meeting annuale di IAB (Interactive Advertising Bureau) a Hollywood il 29 gennaio scorso, parlando di leadership un big del marketing internazionale, Marc Pritchard – Ceo in Procter & Gamble Corporation, ha dichiarato: “Ho fatto pulizia e stabilito nuove regole: se le agenzie vorranno esser pagate, nonvoglio più perdere tempo e denaro per una scadente catena del valore dei media” ed ha esortato gli altri operatori del settore a seguire il suo esempio.
Il salto sarà da volare a scalare cambiando gli investimenti
Le campagne di advertising classico sono state finora pianificate sui media tradizionali per flight, con una durata media di 15 giorni e da qui il paradigma del “volo” e l’impegno ad investire nel mese di pianificazione una parte considerevole dell’investimento a budget.
Le campagne digitali cambiano completamente l’aspetto dell’investimento. Invece di concentrare il budget in uno, due o al massimo tre flight all’anno, gli investimenti si possono diluire nel quotidiano, investendo piccole cifre e misurandone di volta in volta i risultati ottenuti; introducendo i concetti di retargeting e remarketing continuativi, l’advertising diviene un impegno quotidiano basato sui big data. Provate a scaricare il foglio di excel di un insight di una pagina di facebook (sono disponibili anche per il pizzaiolo sotto casa se ha un cugino che sa usare il pc) e scoprirete quanti dati avete a disposizione per migliorare il risultato dei 10-20 euro che state per investire su facebook.
Le offerte di facebook fanno apparire il costo delle campagne estremamente convenienenti, ma non è così. La composizione del prezzo delle campagne social è per il 50-60% derivato dai costi di gestione dei calendari editoriali.
La stessa cosa vale per Google analytics, per la programmatic e per la native advertising.
Dati, un’infinità di dati
Ma come trasformarli in informazioni per decidere? Il nuovo paradigma di scalare il successo ricorda le dinamiche della montagna, a piccoli passi quotidiani.
Il web advertising non costa meno dell’advertising classico: 1000 euro al giorno, investiti tra social e web advertising per 365 giorni sono sempre 365.000 euro, come per un flight di una campagna televisiva su La7 di 15 giorni. La differenza è che l’editore diventa l’agenzia che, invece di vendere concetti ancora astratti come brand awareness, focalizza i suoi sforzi sulle azioni di vendita generate sul portale web del cliente e sul concreto ROI dell’investimento. Mi ricordo una frase che mi disse un concessionario d’auto: se spendo 40.000 euro per un’auto, me ne deve rendere almeno 100.000 in vendite fatte ai miei clienti.
Il paradigma del marketing non è cambiato, la regola è la stessa, le politiche di marketing devono creare profitto.
L’innovazione digitale, invece, sta rivoluzionando i paradigmi delle leve della promozione e della distribuzione e, quando cambiano i paradigmi, devono cambiare le regole.
Se si continua a fare così, perché si è sempre fatto così poi, alla fine non funziona più.
Photo credit: unsplash.com, Sergey Zolkin
Articolo pubblicato anche su http://www.informazionesenzafiltro.it/un-advertising-al-giorno-toglie-il-budget-di-torno/
Emotional marketing. Il punto di partenza Problem Solving
Emotional marketing. Il punto di partenza Problem Solving.
Prima di investire un centesimo per il brand guarda il video di emotional marketing.
Per creare un brand occorre sapere il punto di partenza e definire il punto d’arrivo e trovare la strada e mezzi per arrivarci.
Grazie all’aiuto di Emotional marketing si può trasformare la comunicazione in una scienza statisticamente esatta.
Prima di intraprendere un viaggio comunicazionale che prevede investimenti marketing conviene avere indicazioni sicure per saper quali sono i target, i codici e i segni ideali per “sedurre”, portare a se i clienti stimolando l’acquisto d’impulso responsabile del 95% degli acquisti sia off line, sia on line.
MAPPING DEL PENSIERO INCONSCIO
L’impulso d’acquisto è 70-95% emotivo, non razionale.
Emotional Marketing – oltre alle ricerche classiche – offre in esclusiva internazionale il primo mapping computerizzato del pensiero inconscio attraverso due Bio–Software: “Mind M@ps”: 12000 test-anno in Italia, che monitora i concetti e codici dell’immaginario collettivo.
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