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Un futuro aperto al lavoro?

Qualche riflessione su due ricerche on field, una globale BCG ed una europea Cegos per chi sta cercando un futuro aperto al lavoro.

Per un futuro aperto al lavoro?CONCRETEZZA CREATIVA E PROGETTUALITÀ UMANA, SCIENTIFICAMENTE PRAGMATICA

A good question, come aprirsi alle opportunità del lavoro che il presente futuro prossimo offrirà?

Per rispondere a questa impegnativa domanda invece di esprimere opinioni personali, magari corrette, ma che come sempre rappresentano solo i risultati di osservazioni paradigmatiche soggettive, preferirò  commentare dati statisticamente oggettivi, riferiti ad una visione globale della trasformazione digitale ed europea della formazione manageriale e commentarle con esperienze personali. Nel corso del 2018, ho tenuto oltre 90 giornate d’aula con popolazioni di ca. 12-20 partecipanti tra manager, quadri, team leader, dipendenti e qualche idea personale me la sono fatta.

Quali saranno le competenze emergenti nel mondo delle aziende maggiormente avanzate che oggi stanno adottando le loro strategie di data-driven?

In questo caso il punto di riferimento sono due ricerche, commissionate  da Google a Boston Consulting Group. La prima ha mostrato che solo il 2% dei brand analizzati adotta strategie di data-driven marketing avanzate e ciò significa che c’è un 98% di imprese che si dovranno in qualche modo organizzare perché quel 2% di imprese, già oggi, traggono tangibili risultati di incremento dei loro ricavi del 20% e, soprattutto, un risparmio sui costi del 30%.

La seconda, appena pubblicata, ha analizzato  6 brand ed ha fatto emergere, attraverso 16 test, 200 sondaggi e più di 40 interviste,  come le imprese potranno ottenere i risultati migliori.

Lo studio  ha dimostrato che, dopo solo 6 settimane, l’uso di tecnologie data-driven porta ad un aumento fino al 50% delle transazioni online. Un risultato sorprendente che si riflette sulla crescita complessiva: fino al 33% di aumento sul ritorno sulla spesa pubblicitaria e fino al 44% di risparmio sul cost per action.

Però, dalla ricerca BCG è emerso anche il valore delle professionalità e delle componenti umane indispensabili per guidare la potenza dei big data: le imprese hanno bisogno di persone che sappiano decidere le nuove strategie di marketing: quando le strategie data – driven vengono perfezionate dalle persone il rendimento aumenta di un ulteriore 15%.

Lo studio condotto da BCG indica poi che, chi si occupa di marketing, deve assicurarsi anche che il valore aggiunto sia percepito a tutti i livelli dell’organizzazione, testando, imparando e dimostrando l’impatto che le nuove strategie hanno nella supply-chain dell’impresa. In questi giorni è apparso alla ribalta il caso dei trasportatori di Amazon, con lo sciopero dei corrieri e presìdi davanti alla sede di Milano. Probabilmente chi ha redatto e chi ha sottoscritto il Codice di Condotta dei Fornitori, dietro al quale Amazon si difende, non ha forse tenuto conto dell’impatto strategico data-driven dell’impresa.

Un futuro sempre più aperto al lavoro

Se, nel lungo termine, il successo delle aziende dipenderà dall’abbattimento delle  piramidi organizzative interne, dalla capacità di apprendimento dei team e dalla creazione di partnership strategiche, atteggiamenti e comportamenti interfunzionali,  collaborativi e  responsabili,  diventano i driver indispensabili per una crescita professionale competitiva e distintiva perché, indipendentemente dall’industria o dall’età, il successo non è mai fuori portata, ma serve agire ora.

Venendo alle modalità formative, e prendendo in esame i trend emergenti, le attività di  gamification sembrano assumere sempre più appeal. Senz’altro gli aspetti ludici aiutano l’apprendimento, ma omnia in mensura et numero et pondere, è bene comprendere come quando e quanto gamificare le attività  formative.

Gamification: è divertente.  Gli adulti apprendono essenzialmente secondo tre modalità , la coercizione, l’ auto motivazione e con il gioco. Per apprendere, intendo voler dire,  la capacità di uscire dalla propria area di comfort della conoscenza già appresa, uscire dalle proprie credenze, aprire la propria mente a nuovi orizzonti, a nuove opportunità.  Cerco di spiegarmi meglio:   

Coercizione. Ovvero le persone  si sentono in qualche modo costrette ad apprendere nuove modalità di approccio alla loro realtà operativa quotidiana perché indotti da cambiamenti  verso i  quali non possono esercitare nessun controllo, situazione classica delle organizzazioni piramidali, nelle quali il cambiamento comportamentale è imposto dal vertice. Se volete un esempio, basta pensare all’obbligo della fatturazione elettronica.  Dopo il d day, o cambi comportamento o non fatturi più, con le conseguenze negative del caso. Sei out.

Auto-motivazione. E la modalità applicata e preferita dalle personalità che hanno una loro visione da concretizzare, un loro proprio obiettivo da raggiungere, oppure possiedono già  un piano di sviluppo personale  pianificato. Queste personalità discernono, scelgono autonomamente i contenuti e le modalità di apprendimento utili alle loro precise esigenze, investendo sia in termini di impegno personale,  sia in termini materiali ed economici, perché intravvedono  l’utilità degli sforzi  necessari per perseguire i loro scopi.  E’ questo il  caso del libero professionista o , comunque, di personalità auto dirette.

Il gioco. In questo contesto si possono  includere tutte le modalità di gamification. Col gioco si riaprono le motivazioni infantili dell’esser aperti a nuove conoscenze per ottenere,  vincere un premio o una qualsiasi gratificazione. Una gamification sfidante, come  tanti altri giochi di gruppo.  Il gioco è la modalità ideale da innestare nelle organizzazioni che tendono all’appiattimento piramidale e desiderano responsabilizzare i livelli organizzativi più bassi con nuove  competenze, responsabilità ed obiettivi caratteristici di livelli a loro superiori. 

Una ricerca Cegos per un futuro aperto al lavoro.

Nella ricerca europea The Cegos Observatory Barometer 2018 sono stati  intervistati  2.227 Dipendenti , 57% Manager, 43% Non-manager e 316 HR people, 30%, HR directors ,36%, Training 34% Manager/Supervisor e   non ha  proposto  la gamification come opzione di scelta, ma esprime chiaramente la visione in merito ai giochi del campione intervistato.

Alla domanda:  a tuo parere tra i seguenti quali sono i 3 fattori più importanti per stimolare la partecipazione ad un corso e favorire il coinvolgimento?  L’aspetto ludico interattivo  è all’ultimo posto ed  e stato citato importante solo dal 31% dall’HR people, e dal 35% dei dipendenti.   Si può affermare che l’aspetto ludico della formazione sia solo relativamente importante e la domanda che mi sono posto sono due: Perché gli HR people ci credono solo fino ad un certo punto? A cosa è relativo l’aspetto ludico?

UN FUTURO APERTO AL LAVORO
Un futuro aperto al lavoro non può che affidarsi ad una solida formazione attuata con le modalità ideali per rendere efficiente la condivisione delle conoscenze

Personalmente ho avuto esperienze molto positive trasformando concetti anche molto complessi come, ad esempio, l’organizzazione di un focus group finalizzato alla soluzione di un problema operativo, coinvolgendo le aule in uno sfidante  gioco basato sulla raccolta di palloncini colorati.

La forza del gioco sta sempre nella forza della metafora che rappresenta la quotidianità operativa,  più è forte la metafora più il gioco diventa efficace.  

La ricerca Cegos ha infatti  fatto emergere   che è la trasposizione della formazione in situazioni reali di lavoro  tra i tre fattori più importanti  per stimolare la partecipazione ad un corso di formazione  per il  52% dei dipendenti e per il 57% degli HR people.  Quindi, da formatori,  gamifichiamo pure, ma prima capiamo  cosa e come  possiamo  gamificare  per erogare  quell’efficacia che rende utile ed applicabile il nostro lavoro. Se non facilitiamo l’apprendimento concreto di sicuro non creeremo né engagement, né conversioni verso  i tre aspetti che tratterò dopo Well-Being e lo Smart Working.

La nostra sede CEGOS è  ad Assago, 30 minuti in metro, io arrivo da Bologna e i miei colleghi vivono a Milano. Soluzione ci riuniamo al Copernico, due passi dalla Stazione Centrale. Connessione wifi, caffè. Intimità operativa e la riunione è fatta, ci si arriva a piedi o in bicicletta.  E’ solo un esempio personale, ma condiviso  dal 49% dei manager HR che stima che agilità e capacità di adattamento saranno le competenze chiave per il futuro  anche solo il 24% ritiene che il ”remote management/collaboration“ sia tra le competenze comportamentali che i dipendenti della loro azienda dovrebbero maggiormente possedere.  Sono ritenute più importanti, ad esempio l’agilità e la capacità di adattarsi, (49%) una learning culture diffusa nel microambiente imprenditoriale (45%) una efficace capacità di saper organizzare la propria attività (41%) e una buona comunicazione digitale (35%) unita ad una buono spirito d’iniziativa (31%) Con queste competenze quindi si potrebbe pensare che lo smart working  potrebbe avere l’impatto e l’efficacia sperata, ma con un pizzico di creatività e propensione all’innovazione  (30%). Lo smart working sembra così essere una meta ideale per chi veramente sa agire per obiettivi SMART e trova nella sua propria auto realizzazione, il proprio well being!

Quali saranno le competenze richieste dalle aziende nel futuro?

Si è sempre fatto così. E poi si desidera il change management!

Ora sospendete i giudizi e osservate con gli occhi degli scienziati. Faccio un esempio che abbiamo potuto osservare tutti.  I sondaggi si son sempre fatti nello stesso modo e alla fine Trump negli USA e  Salvini in Italia li hanno sconfessati tutti.  Il change management dipende da chi cambia le regole del gioco, non dai giocatori. E’ una lezione che molti manager dovrebbero apprendere,  prima che sia troppo tardi. 

Un futuro aperto al lavoro? Agilità,learning culture, organizzazione efficace.

Osservando  la ricerca Cegos, l’89% di impiegati e dipendenti europei ritiene che l’evoluzione tecnologica possa modificare il contenuto e l’essenza della propria professione, mentre le  competenze chiave per il futuro secondo gli specialisti HR europei sono  l’agilità e capacità di adattarsi al cambiamento (49%), sviluppo di una learning culture (45%), organizzazione efficace delle attività (41%)

In conclusione, se dovessi mandare un curriculum ad una impresa  sottolineerei tre competenze trasversali  fondamentali per ricoprire qualsiasi ruolo. : interfunzionalità – collaborazione – responsabilità

La prima perché in mercati dove la domanda cambia con velocità esponenziali, le imprese devono rispondere con la stessa velocità di adattamento della loro offerta.  Più che di change management si può iniziare a parlare di changing marketing, senza dimenticare che ogni risorsa umana sta facendo marketing,  a prescindere dal ruolo che ricopre oggi, anche  perché domani,  ne ricoprirà probabilmente un altro.

La seconda, perché da soli non si va mai troppo lontano, pensate a Cristoforo Colombo, se non avesse avuto la capacità di collaborare e negoziare con Isabella, saremmo ancora alla ricerca delle indie al di la dell’Atlantico.  Oggi la forza sta nel team, magari con persone che risiedono in angoli diversi del pianeta ma che hanno obiettivi condivisi, specifici, misurabili, ambiziosi, ben pianificati e programmati.

La terza perché senza responsabilità non esiste né delegante, né delegato.  E la responsabilità parte da un concetto basilare da condividere trasversalmente in tutta  l’impresa: ognuno vive vendendo qualche cosa.  Nella catena del valore dell’impresa, ogni risorsa umana è contemporaneamente cliente esigente e fornitore efficiente e questa consapevolezza  genera responsabilità, nel saper esigere  e nel saper erogare il  valore aggiunto soggettivo che contribuisce alla creazione del valore oggettivo erogato dall’impresa al cliente finale.

E’ forse può esser questo il sogno della felicità collettiva di Adriano Olivetti, posposta nel terzo millennio che stiamo vivendo?

Per chiudere vi offro una metafora, una storia sintetizzata, che  può stravolgere il senso comune del concetto di marketing, ma che può rappresentare bene la sintesi delle mie risposte.

Quando nacque il marketing?

I sacri testi del marketing indicano la sua data di nascita in coincidenza con la nascita del fordismo e la segmentazione del lavoro secondo il metodo di Taylor, tra la seconda metà del 1800 e l’inizio del 1900. 

Ma ne siamo proprio sicuri? Forse dal punto di vista della organizzazione del lavoro sì, ma dal punto di vista della creazione del valore, secondo la mia modesta opinione il marketing nacque molto prima.

Tra il 1475 ed il 1564, circa. Pensate alla  basilica di San Pietro a Roma, alla Cappella Sistina e a papa Sisto IV della Rovere che riceve le fatture, per fortuna non ancora elettroniche, da Michelangelo e dalle imprese di costruzione che stavano erigendo il Cupolone! Come poteva fare per rispettare gli impegni presi con le casse vaticane vuote? Con un fantastico marketing mix, ovviamente! Con un’ottima segmentazione del suo target è riuscito a vendere la promessa del paradiso ai più abbienti e del purgatorio ai meno abbienti. Con un prodotto dal costo industriale irrisorio, una sorta di coupon, introducendo le indulgenze nel suo mercato ecclesiastico di riferimento, con una efficiente supply chain di diocesi e parrocchie e con una promozione firmata da un art director di tutto rispetto, Michelangelo Buonarroti, e creativi di prim’ordine come Botticelli, Perugino, Pinturicchio, Ghirlandaio,  Signorelli, e altri che rappresentarono la teologia visiva che illustra bene le pene degli inferi in cui sarebbero caduti coloro che non avessero, per così dire, acquistato i coupon della salvezza eterna. E se questo non è marketing dell’intangibile, come lo definireste voi?  Qualcuno, poi, non prese molto bene questa strategia di marketing un po’ troppo intangibile e finì, con Enrico VIII, in un bello scisma anglicano:  We make our business marketing, affermano, senza pudori, oggi, gli anglosassoni.

Amazon, Google, Facebook e il 2% delle imprese, oggi data – driven, che hanno aperto il loro futuro al lavoro, guarda caso, sono di origine anglosassone: concreti,  creativi,  progettuali,  umanamente, scientificamente pragmatici.

The Cegos Observatory Barometer 2018

Per approfondire l’attività di formazione e coaching Problem Solving:

Comunicazione

Marketing

Eccellenza competitiva e distintiva

UN FUTURO APERTO AL LAVORO

Per tutti i giovani manager, i quadri e chiunque abbia un ruolo di responsabilità all’interno di un’organizzazione e che desideri un proprio futuro aperto al lavoro di qualità, “Eccellenza competitiva e distintiva” rappresenta la guida ideale per posizionare il proprio brand individuale all’interno delle organizzazioni, facilitare le proprie eccellenze comunicazionali finalizzate all’ottenimento di ciò che si vuole: come persona, come team e come organizzazione. Un percorso attraverso il riconoscimento degli aspetti cognitivi delle relazioni, che permette di “volare alti” superando abilmente preconcetti e pregiudizi, focalizzando i messaggi relazionali con un controllo continuo dei feedback verbali e non verbali e, le energie proprie e dei collaboratori sulle priorità delle attività professionali e personali. Apre gli occhi sulle trappole e sugli inganni che il manager affronta nella sua vita quotidiana permettendogli di sviluppare le capacità di separare fatti, opinioni e sentimenti, ottenendo nuove e solide relazioni umane basate sull’etica della fiducia.

UN FUTURO APERTO AL LAVORO

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Quali sono i percorsi ideali di una strategia WEB marketing efficace?

Strategia WEB marketing efficace per i media online

Per realizzare e concretizzare una strategia WEB marketing efficace sui media online, e solo dopo aver condiviso con il Cliente obiettivi S.M.A.R.T, Specifici, Misurabili, Ambiziosi, ma Raggiungibili con le risorse a disposizione sul WEB e Temporizzati, dopo aver ben capito come coinvolgere i potenziali clienti e consumatori con le motivazioni più idonee  a  farli interagire col brand, il passo successivo consiste nella valutazione delle opzioni strategiche per la misurazione dei social media.

Qui un’infografica che riassume i percorsi possibili, secondo le competenze di analisi dei dati, nell’asse orizzontale e e la capacità di disporre dei dati, in asse verticale.

Strategia WEB marketing efficace
Il successo di una campagna online dipende dalle competenze interpretative dei dati e dalla capacità di saper reperire i dati più utili per misurarne l’efficacia.

Nell’infografica sono evidenziate quattro aree:

Quella azzurra, in alto a sinistra “tendenza al successo” rappresenta l’area ideale verso la quale tendiamo ad arrivare nel minor tempo possibile.

Quella gialla,  “misurare e aggiustare” , in alto a sinistra, che rappresenta un’area intermedia e che spesse volte è indispensabile da attraversare per arrivare all’area azzurra.

Quella verde, “ingenua ottimista”, in basso a destra, caratteristica delle fasi di start up delle campagne WEB .

Quella rossa, “dead end” dove finiscono le campagne che non sono soggette a né ad alte capacità di saper valutare l’efficacia delle azioni fatte né da alte capacità, conoscenze e competenze di analisi ed interpretazione delle misurazioni dei media utilizzati.

In questo scenario, il marketer ha una capacità limitata di misurare i suoi  sforzi nel WEB   ed ha una  “sfocata” competenza nel saperne valutare i dati.  Non dimentichiamo che i dati, da soli,  non sono informazioni, le informazioni si traggono con la competenza di saperli interpretare in funzione degli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Iniziamo dall’area in basso, a sinistra, rossa,  l’area più pericolosa di tutte. L’area “dead end”.

Il risultato è che alla fine non  si crede più agli sforzi e che la campagna non stia funzionando correndo il rischio dell’insuccesso, dalla “dead end”, del il fallimento della campagna,

Ciò che nessun cliente desidera, ma che anche teme di più!

Siamo di fronte all’utilizzo  di tattiche casuali, al “proviamo come funzione”, si  lancia l’amo e “vediamo chi abbocca”. La tattica di esecuzione non prevede di fatto alcuna misurazione dell’impatto e l’efficacia tende zero: il Cliente  penserà che le campagne WEB sono inutili e abbandonerà la sfida.

L’area  “misurare e aggiustare”.

Chi gestisce la campagna web, in questo scenario, ha una ragionevole capacità di quantificare l’investimento  che sta facendo e le  misurazioni lo possono portare  a credere che i suoi sforzi stiano funzionando.

Questo scenario è nettamente diverso rispetto allo scenario “dead end”, perché, anche se il manager che gestisce la campagna ha la sensazione che la campagna non stia funzionando a dovere, almeno, sta tentando di misurarne l’efficacia.

Siccome si stanno misurando oggettivamente alcuni risultati, si possono già trarre alcuni indizi su ciò che sta funzionando meglio o peggio e si possono valutare le azioni adeguate e, se si riesce a farlo bene, ci si può spostare verso il quadrante ”tendere al successo”.

Tendere al successo

Il posizionamento ideale per una strategia WEB marketing efficace

E’ qui che con una buona capacità di misurare il rendimento della campagna WEB con la competenza di saper come e dove trovare i dati  oggettivamente utili unite ad una loro competente interpretazione si aumenta la convinzione che gli sforzi  che si stanno facendo per il Cliente stiano funzionando

Tutte le azioni fatte  non solo sono misurate, ma le misure vengono interpretate correttamente e si creano così le occasioni per tendere all’eccellenza.

È difficile ed impegnativo da fare, ma ovviamente ne vale la pena.

L’altro percorso è quello “ingenuo ottimista”.

Qui, la gestione della campagna WEB è contraddistinta da  una limitata capacità di misurare del rendimento ed è ancora “sfocata”, e pervasa da una credenza che gli sforzi stiano comunque funzionando con successo. E’ quello che accade nella maggioranza dei casi.  Si crede nelle potenzialità del WEB, pur con un senso di incertezza inizia a prevalere la necessità di saper misurare meglio e saper meglio comprendere ciò che sta accadendo per poter migliorare le prestazioni.

Questo quadrante è difficile perché anche se è un luogo ragionevolmente ideale per iniziare, è meglio uscirne il più presto possibile ed aspirare ad arrivare al quadrante in alto a destra e “tendere al successo”

Ma come si può uscire dall’area dell’”Ingenuo ottimismo” per “tendere al successo”?

C’è una possibilità sbagliata ed un paio corrette

Esaminiamo prima la scelta sbagliata, da evitare come la peste!

Se si gestiscono le campagne  nella falsa credenza che tutto stia andando bene e non si attuano le correzioni più opportune, il rischio è quello di scivolare ingenuamente nell’area verde in basso a destra.

Non cambiando nulla, si scivolerà lentamente, ma inesorabilmente nell’area rossa, “dead end”, per via della mancanza di misurazioni oggettive e tangibili e correte interpretazioni del rendimento della campagna.

Non dimentichiamo che là fuori, nel WEB, ci sono dei concorrenti e se non si è più bravi di loro si rischia di vanificare tutti gli sforzi fatti fino a quel momento.

Le due opzioni che preferiamo adottare per una strategia WEB marketing efficace

Misurare, misurare, misurare e saper interpretare correttamente i dati in funzione dell’obiettivo del Cliente.

Scoprire come sta funzionando  la campagna,  come migliorare le misure, entrare nell’area arancione “misurare e aggiusta” perché l’obiettivo è quello di arrivare all’area azzurra e “tendere al successo”!
Meglio ancora,  iniziamo da subito a misurare e a scoprire cosa sta effettivamente funzionando e cerchiamo di spostarci direttamente sopra dall’area verde a quella azzurra: “tendere al successo”.
In entrambi i casi  l’obiettivo è quello di allontanarsi dalla misurazione sfocata  e verso le metriche quantificabili e tangibili dove si può avere il maggior controllo possibile di ciò che sta funzionando oppure no e poi seguiamo il percorso migliore per raggiungere l’obiettivo del Cliente.

METRICHE ATTINENTI PER UNA STRATEGIA WEB MARKETING EFFICACE , ORGANIZZATE PER OBIETTIVI

In questa tabella vengono organizzate le varie metriche WEB che possiamo utilizzare, fornite da MIT SLOAN MANAGEMENT REVIEW e classificate in base alle applicazioni dei social media e agli obiettivi di rendimento delle campagne

Strategia WEB marketing efficace
MIT SLOAN MANAGEMENT REVIEW
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