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Smarties di Problem Solving Relazionale

Smarties di Problem Solving Relazionale2

Perché Smarties di Problem Solving Relazionale?  Perché gli smarties son più dolci delle pillole e si prendono per piacere, per il loro sapore, il loro gusto di cioccolato, meglio delle pillole, le Smarties di Problem Solving relazionale possono rendere più piacevole il lavoro del marketer problem solver.

Smarties di Problem Solving Relazionale per entrare proattivamente nel mondo della comunicazione e nel marketing human to human.

Le generazioni nei posti di lavoro

Ogni età ha i suoi punti di forza e di debolezza.

Un’infografica publicata su “nova 24” illustra i dati di una ricerca  fatta negli USA che mostra quali skill potrebbero ricercare  i nuovi Millennials per ottenere punti di forza tali da superare la generazione x ebaby boomers più anziani.

Presenza esecutiva – capacità di generare profitto – capacità di adattamento – costi effettivi – competenze tecnologiche – saper costruire relazioni – problem solving – capacità di collaborare.

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 Problem Solving Relazionale


Quante persone ci separano dalle persone che vorremmo incontrare sul pianeta terra?

Sul blog di facebook “Research at Facebook” un interessante articolo sul grado di separazione delle persone su questo pianeta. Qui una traduzione dal blog di FB.

Ho letto da qualche parte che tutti noi siamo separati dagli altri su questo pianeta da solo altre sei persone.  Sei gradi di separazione.
Tra ognuno di  noi e tutti gli altri su questo pianeta.
Il presidente degli Stati Uniti da Un gondoliere a Venezia.      Scrivete voi i nomi. . . .
Ogni persona è come una nuova porta. Aprendosi a quella persona si aprono altri mondi
Sei gradi di separazione tra me e tutti gli altri su questo pianeta.
Il problema da risolvere è: quali persone sono quelle sei?. . . “- John Guare, I Sei gradi di separazione (1990)

Come è collegato il mondo?

Drammaturghi , poeti , e gli scienziati hanno proposto che sul pianeta siamo collegati a tutti gli altri da altre sei persone.

In onore del Friends Day, Facebook ha stabilito che, oggi, l’indice di separazione medio è  3.57.
Ogni persona al mondo (almeno tra i 1,59 miliardi di persone attive su Facebook) è collegato a ogni altra persona da una media di tre persone e mezzo.
La distanza media che osserva l’algoritmo di Facebook è 4,57, corrispondente al 3,57 intermediari o “gradi di separazione”.
Negli Stati Uniti, le persone sono collegate tra loro da una media di 3,46 gradi.
Nel corso degli ultimi cinque anni I nostri “gradi di separazione” collettivi si sono ridotti.
Nel 2011, i ricercatori della Cornell, dell’Università degli Studi di Milano, e Facebook hanno calcolato la media tra i 721 milioni di persone che utilizzano FB e, allora, determinarono che il grado di separazione era 3.74
Oggi, essendo raddoppiato il numero delle persone che utilizzano il sito, FB è cresciuto, sono aumentate le interconnessioni, e si sta accorciando la distanza tra due persone nel mondo.
Calcolare il coefficiente di separazione attraverso miliardi di persone e centinaia di miliardi di connessioni di amicizia è una lavoro molto impegnativo; FB utilizza tecniche statistiche che sono descritte in seguito per stimare con una precisione statistica la distanza basandosi di aggregazioni di dati . (Big data analisys)
La maggior parte delle persone su Facebook hanno in media tra 2,9 e 4,2 gradi di separazione tra di loro.
Ad esempio: l’indice di separazione di Mark Zuckerberg è 3.17 mentre sembra che il mio sia 3.21

Se volte potete visualizzare il vostro indice di separazione e le tecniche, gli algoritmi utilizzati per calcolarelo statisticamente qui:

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Quali sono le conseguenze dell’abbassamento del’indice di separazione?

Siamo tutti più vicini, raggiungibili. Ma come scrive  John Guare il problema è chi sono quelle tre persone e mezzo che ci separano dai Clienti che vogliamo?

Volete approfondire come? Keep in touch!

 Problem Solving Relazionale


Siete degli abili conversatori?  sapete coinvolgere il vostro pubblico?

Comunque se già lo siete si può sempre migliorare!

Propongo qualche qualche suggestione personale dopo aver letto i 3 suggerimenti del Dr. Karl Albrecht, un manager, consulente, allenatore, futurista, docente, e autore di oltre 20 libri sulla realizzazione professionale, sulle prestazioni organizzative, e le strategie di business.

Uno dei Top 100 leader di pensiero nel mondo degli affari sul tema della leadership.

l segreto per essere un buon conversatore è molto semplice:

“parlare con loro, non a loro o contro di loro”.

Funziona, quasi come per magia.

William James, un pioniere nello sviluppo della psicologia, consigliò:

” il desiderio di essere apprezzato è il desiderio più profondo di ogni essere umano.” Tuttavia, troppe persone sono troppo occupati si apprezza in una conversazione a notare o apprezzare gli altri.

Che ci piaccia o no, la maggior parte delle persone reagiscono alle parole che pronunciamo. A come interagiamo con loro.

Rispondono a determinate sottili caratteristiche  delle nostre affermazioni, e al grado di rispetto che  trasmettiamo, alle modalità di apprezzamento, e alla generosità che siamo in grado di trasmettere nel modo in cui parliamo e scriviamo.

Se si utilizzano opinioni dogmatiche, lanciate nelle discussioni come piccole bombe a mano verbali, di solito, non si è poi in grado di riconoscere i sottili feedback di evasione, di allontanamento, di fuga, da parte delle persone che invece vorremmo coinvolgere.  Decodificano un altro concetto, quello del bullo, che vuol comunicare che “lui sa”.

Quali sono invece le modalità  migliorative?

Come si possono attrarre e coinvolgere le persone verso le proprie idee, verso voi stessi senza correre il rischio di allontanarle?

Vediamo insieme tre modalità che possono aiutare ad equilibrare gli interventi relazionali:

1. Le dichiarazioni: Le dichiarazioni di “fatto”, o almeno ciò che si sta affermando deve essere un dato di fatto oggettivo, tangibile, inattaccabile come, ad esempio, “L’Italia, oggi,  è una repubblica e non è una monarchia.

” Una dichiarazione che è veramente dichiarativa deve essere verificata, hic et nunc, qui ed ora da prove certe, oggettive, inattacabili.

Le  opinioni mascherate da frasi dichiarative come, ad esempio: “Un piano sanitario per tutti , con le stesse cure e terapie per tutti non potrà mai esser realizzato in  questo paese.” ottengono l’effetto contrario. Una conversazione con il 100% di frasi dichiarative di questo genere rappresenta una predominanza di opinioni, è una conversazione che trasmette il concetto di “alto, auto, parlante”.

2. Domande: modi in cui stimolare gli altri a contribuire alla conversazione esprimendo ciò che sanno o ciò in cui credono

Le domande personalizzano la discussione, Permettono agli altri di sentirsi partecipi e non subire un ruolo, ma di viverlo attivamente.

“Quali son le tue mete preferite per i tuoi viaggi? ” Cosa ne pensi di quei soci?” Come stai trattando quella situazione? “

Un buon numero di domande inserite nelle  conversazioni dimostrano che siete disposti a condividere il successo della conversazione con gli altri.

3. condizionali: detto anche qualificazioni, una bella modalità per esprimere le nostre opinioni.

Il condizionale permette di esprimere le opinioni e le prospettive delicatamente, con tatto offrendo agli altri  un particolare riconoscimento: tutti hanno il diritto di vedere le cose in modo diverso. Esempio: “Non posso parlare per tutti, ma l’assunzione di integratori a base di melatonina non sembrano aiutarmi a dormire meglio.”

Pensate alla differenza all’alternativa modalità dogmatica, “La melatonina non è fa nulla per l’insonnia.”

Passare alle modalità relative tipo: “- “Mi sembra …”; “Per quanto ne so…”; “Credo di aver letto da qualche parte che …”; “Non sono del tutto certo, ma credo che …” – veicola in modo sottile che si rispetti il ​​diritto delle altre persona a un avere punti di vista diversi, e si meta-comunica, si invia un segnale forte che  che si sta trattando le loro idee con rispetto, anche se non se non se ne condivide l’opinione. Non siete d’accordo ma  nel rispetto delle altre opinioni.

Per ora mi fermo qui.

Vi è piaciuta la prima delle Smarties di Problem Solving Relazionale?

Provateci

Non sarà facile riuscirci subito, per lo meno non tutte le persone ci potrebbero riuscire subito.
Ci sono delle differenze sostanziali tra le opinioni ed i pareri.
Professionalmente separiamo i pareri, dalle opinioni.

I pareri sono gratis, le opinioni si pagano.

I pareri sono soft, le opinioni sono hard.

I pareri si possono cambiare facilmente, cambiare un’opinione, sia per sé stessi, sia per le altre persone, risulta spesse volte ben più ostico.

Chi ha vissuto gran parte della propria vita basandosi sulle opinioni, sue e delle altre persone, trascurando sia i fatti che le hanno generate e magari lasciandosi trasportare dalle proprie emozioni, può tendere a pensare di esprimere un parere, ottenendo però il risultato di esprimere una sua opinione.

Comunicare pareri, con modalità troppo poco assertive, comunicandoli come “dogmi”, utilizzando il verbo essere, alla terza persona singolare, si può rischiare di comunicare opinioni.

Ne consegue che chi legge, chi ascolta, nel caso in cui abbia pareri, visioni, idee diverse, si può ritrovare di fronte ad un bivio: o entra in conflitto, e si impegna a fondo per far prevalere il proprio punto di vista, la sua idea, la sua opinione, oppure getta la spugna, e lascia la conversazione.

Mi capitò una volta una signora, colta, erudita, con un alto ruolo sociale, durante un seminario che a queste considerazioni esordì con forza: “Perché devo dire che ciò che sto dicendo è un mio parere quando parlo con qualcuno? E’ ovvio che esprimo pareri , sarebbe stupido chi pensasse il contrario”.
L’ironia di questa frase è molto simile a quella di una persona che indossa le cuffie, in metropolitana e vede un’altra persona che gli sta chiedendo qualche cosa.

Tipo: “Come mai indossa le cuffie?” e l’altro gli risponde, avendo visto il labiale della domanda, ma non avendo sentito la voce e urlando: “COSAA?” Mentre la seconda persona continua a chiedere alzando sempre di più la voce alla fine la persona con le cuffie gli risponde: “non la sento ho le cuffie!” Ovviamente urlando, nel centro della metropolitana!

Provate la regola del tre nelle vostre prossime conversazioni, siano personali od anche di business: cercate di monitorane quante domande, quante frasi dichiarative o condizionali vengono utilizzate. Quando sentite una frase dichiarativa, che esprime un opinione, anche se è un semplice parere, provate a fare una semplice domanda: “come mai la pensi così?” e osservate cosa accade.
Fammi sapere come funziona.

 

Se avete idee o opinioni in merito segnalatele nel blog:


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